Pseudo-occlusione intestinale cronica
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Cos’è e come si manifesta la pseudo-occlusione intestinale cronica?
- La pseudo-occlusione intestinale cronica (dall’acronico ‘CIPO’, che deriva dall’anglosassone chronic intestinal pseudo-obstruction) è un disturbo della motilità intestinale raro, grave e invalidante caratterizzato da sintomi e segni cronici di ostruzione intestinale, con conseguenze molto significative sulla qualità della vita di chi ne è colpito. Che è affetto da CIPO è spesso obbligato a frequenti ricoveri in ospedale, seri problemi nutrizionali ed esposto a complicanze gravi che ne possono mettere a repentaglio la vita. La gestione della patologia è gravosa e stressante sia per il paziente sia per l’intera famiglia. La CIPO si può manifestare, in età pediatrica, nei primi 12 mesi di vita, o in età adulta, tra i 20 e i 40 anni di età. Colpisce predominantemente il sesso femminile. Alla base della disfunzione motoria e del transito intestinale ci possono essere anomalie del sistema nervoso enterico (altresì noto come ‘il cervello intestinale’) o estrinseco (neuropatia viscerale), della muscolatura liscia (miopatia viscerale) e delle cellule interstiziali di Cajal (mesenchimopatia). La pseudo-occlusione intestinale cronica può, inoltre, essere primitiva o secondaria a un ampio numero di condizioni intestinali ed extra-intestinali che alterano la motilità intestinale.
Come si trasmette la pseudo-occlusione intestinale cronica?
- L'origine della pseudo-ostruzione intestinale è ancora ignota nella maggior parte dei casi, che pertanto vengono definiti come ‘idiopatici’. Tuttavia, nelle forme ad oggi identificate come geneticamente determinate la trasmissione può essere di diverso tipo: quando è autosomica dominante, per esempio nel caso di mutazioni del gene ACTG2, per manifestare la malattia basta ereditare una copia difettosa del gene da uno dei genitori. Vi possono essere anche casi di CIPO in cui la mutazione può essere di nuova insorgenza (de novo) nell'individuo colpito. Esistono poi casi CIPO legati al cromosoma X (e.g., gene FLNA) o di derivazione autosomica recessiva (per esempio mutazioni nei geni RAD21 e SGOL1): in questo caso per la manifestazione dei sintomi occorre ereditare il difetto genetico da ciascuno dei genitori portatori sani.
Come avviene la diagnosi della pseudo-occlusione intestinale cronica?
- Ad oggi la diagnosi di pseudo-occlusione cronica intestinale può avvenire grazie a un'attenta valutazione dei sintomi, all’esecuzione di adeguati test diagnostici strumentali (esami radiologici e manometrici del tratto gastrointestinale), istologici (biopsie intestinali a tutto spessore), funzionali (scintigrafia del transito gastro-intestinale), un'accurata valutazione neurologica e una consulenza genetica. Non è invece disponibile, a tutt’oggi, alcun biomarcatore specifico per la CIPO.
Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la pseudo-occlusione intestinale cronica?
- Al momento non esistono terapie efficaci capaci di ripristinare una fisiologica motilità intestinale o migliorare un difetto di motorio. Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare da parte di più specialisti (pediatri, gastroenterologi con esperienza in motilità gastrointestinale, chirurghi digestivi, urologi, specialisti in malattie metaboliche e genetiche, nutrizionisti e psicologi). Tra le misure generali vanno annoverate le modificazioni della dieta (supporto nutrizionale mediante alimentazione orale, parenterale o, laddove possibile, enterale per prevenire la malnutrizione e le complicanze ad essa connesse). Nonostante non vi siano molti trial clinici sull’efficacia dei cosiddetti procinetici (ossia farmaci in grado di migliorare e coordinare la propulsione enterica), tali farmaci dovrebbero sempre essere consigliati nei pazienti con CIPO. I trattamenti delle complicanze, come il dolore acuto e la crescita batterica (SIBO), nonché procedure endoscopiche a scopo decompressivo (per mitigare la distensione delle anche intestinali e favorire la fuoriuscita di gas e fluidi di ristagno nel lume intestinale) rientrano tutte nel complesso e difficile armamentario terapeutico. Le stomie digestive (per esempio gastrostomia, digiunostomia, ileostomia, colostomia) possono anche essere utilizzate per la nutrizione enterale o la somministrazione di farmaci. Per i pazienti con forme particolarmente gravi e refrattarie della malattia, per i quali non è efficace neppure l'alimentazione parenterale totale, può essere proposto, in estrema ratio, il trapianto di intestino.
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